Le parole di alcuni pazienti fanno riemergere il grande tema della relazione, della comunicazione, con la quale si ha a che fare in tutta la vita. Mi chiedo come oltrepassare la distanza che ci separa gli uni dagli altri, come creare fra noi dei ponti, che ci salvano dal naufragare nel mare della disperazione.

Il tema della distanza e della lontananza è cruciale non solo in psichiatria, ma anche nelle relazioni quotidiane tra giovani e non più giovani. Mi chiedo come non cadere prigionieri né di troppa vicinanza, né di troppa lontananza; mantenere viva la distanza evitando che sia vissuta come lontananza, come indifferenza; oppure come mantenere viva la vicinanza, che non sia vissuta come perdita della propria autonomia e della propria libertà.

Ci sono persone, psichiatri e non psichiatri, che riescono ad essere vicine ma non troppo vicine, lontane ma non troppo lontane. Ciascuno di noi deve ridisegnare senza fine questi confini, questo oscillare tra distanza e vicinanza, che sono spaziali ma anche interiori. Ci sono persone che riescono ad entrare in contatto con gli altri senza invaderne i confini, senza accrescerne le fragilità, senza togliere maschere, che talora vogliono nascondere la timidezza o la nostalgia, le inquietudini dell’anima che sono in noi.

Vorrei che si cancellasse l’immagine dominante della malinconia, della tristezza, vista come forma di vita insignificante. Vorrei che si riconoscesse nelle sue rifondazioni di senso e nelle sue espressioni gentili ed umane.


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