La pratica quotidiana della speranza.

Storie di guarigioni. A cura di Giuseppe Tibaldi

Prefazione di Don Ciotti


Il libro uscito nell’estate del 2020 porta a riflettere, attraverso spiegazioni di applicazione di nuovi metodi di cura ( open dialogue) e il racconto di vive storie di guarigioni, sul ruolo fondamentale della speranza nel percorso di cura.

Nelle pagine si parla di speranza riguardo alle malattie mentali, ma ci vien da dire che la speranza è ciò che ci sostiene nella vita di ogni giorno.

Don Luigi Ciotti nella prefazione ben lo afferma : La speranza è la tensione di vita che si fa progetto. Ogni persona spera , e non potrebbe fare altrimenti , perché ogni esistenza è iscritta nel “ registro” del possibile. Se togli alla vita la speranza, le togli il suo elemento, l’aria grazie a cui respira, la terra su cui cammina.

La speranza è struttura stessa dell’esistenza, come desiderio irriducibile di nuovo e di futuro, di vita ch esi aggiunge alla vita. Si spera per le cose grandi, ma anche per quelle piccole, si spera semplicemente che il domani sia meglio dell’oggi.

In tal senso rimanere senza speranza è già morire mentre si è vivi. E lottare per la speranza è lottare contro quelle paure che sequestrano il presente, a cominciare da quella più grande: la paura della solitudine e dell’abbandono, la paura che il nostro grido d’aiuto non venga ascoltato e raccolto.


Ebbene nelle pagine di La pratica quotidiana della speranza si parla proprio di questo, di come la speranza abbia influito nei percorsi di recovery e che il vero stigma sia il pregiudizio dell’inguaribilità.

Soltanto la speranza può sostenere gli operatori del settore a non soccombere e diventare indifferenti di fronte a tanto dolore, soltanto la speranza può sostenere i famigliari precipitati nella disperazione da una tale catastrofe, soltanto la speranza, che noi abbiamo il dovere di alimentare, può spingere il malato a intraprendere un cammino duro e lungo verso la luce che c’è, anche se lontana.

La lettura di questo libro è interessante e avvincente, è una testimonianza che esistono altri metodi di cura, con o al di là degli psicofarmaci, ed esistono reali possibilità di farcela.

Più forte ci sembra il contrasto se pensiamo alla routine e ai protocolli standardizzati in uso, spesso, nei CSM.

Concludiamo parafrasando le parole del dottor Tibaldi: la malattia mentale è una feroce dittatura e a noi tutti malati, familiari, medici, psicoterapeuti e educatori, la scelta di stare dalla sua parte o con la resistenza

 Ivana Bosio 

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