Non sono una psichiatra e neanche una psicologa, ma…






Non sono una psichiatra e neanche una psicologa, fino all’anno scorso non conoscevo neanche cosa fosse la malattia mentale. Ma poi un giorno ho avuto un momento di grande difficoltà: volevo spegnere la mia vita. Ho provato a spezzare il lungo filo di dolore che da anni e anni portavo nel mio cuore nell’unico modo che mi venne in mente.

Probabilmente è proprio in questa fase della malattia, nella quale mi sono trovata sprofondata in un abisso di angoscia, che nella mia testa si è come accesa una fiamma di speranza, dovevo capire e lottare. Sorridendo, mi venne in mente che quando ero giovane avevo fatto un tuffo da uno scoglio molto alto, mi ero tuffata ma nel risalire mille emozioni inondavano la mia mente, paura di non riuscire a risalire, paura di morire, continuavo a sbattere i piedi per cercare di raggiungere la riva il più velocemente possibile. Poi finalmente arrivai alla superficie del mare e vidi il cielo, i miei amici che ridevano e applaudivano, ecco avevo raggiunto una meta.

Così è stato per me quando ho deciso di combattere, il primo passo verso una strada dura, faticosa, dove ti sembra di andare avanti, poi succede qualcosa che ti riporta indietro, ma, credetemi, questo fa parte della guarigione.

L’articolo apparso sul Sole 24 Ore di Gilberto Corbellini, “Primo, ascoltare le emozioni” di Eugenio Borgna psichiatra, saggista e accademico italiano, parla proprio di ascolto, di parole, dove egli si pone domande, dubbi, “come riuscire a far sgorgare dalla vita interiore dei pazienti le ragioni ferite del loro cuore?” mi rimanda a delle considerazioni che vorrei condividere con voi cari lettori.

La cura? Prenditi cura DI TE della persona più importante, ascolta le tue emozioni, ascoltati, soprattutto nei momenti difficili prova a sentire, ad abbandonarti alla sofferenza, non scappare, non scacciare il tuo dolore, accoglilo come una cosa preziosa, osservalo, coccolalo, assorbi la sua essenza e per incanto svanirà. È il nostro cervello che lo fa per noi, che disinfetta le ferite dell’anima, che cuce le nostre angosce, che ripara la solitudine, che ci dà la speranza che abbiamo creduto di perdere. Ascolta la sofferenza, semplicemente, chiudi gli occhi e piangi, tutte le lacrime che puoi, senza pensieri, senza giudizi, senza tabù, non c’è nessuno che può capirti meglio di te, non c’è nessuno che ti amerà tanto come tu ami te stesso, non è vero che nessuno ti ama, ti ama l’unica persona che conta, che vale e sei TU.

Gli psichiatri, gli psicologi? Ti accompagnano nel tuo cammino ma non sentono l’abisso che ti fa sprofondare, non sentono quel dolore al petto che non ti fa respirare, non sentono quelle voci cattive che ti umiliano e ti perseguitano, non sentono quel dolore alla gola che ti strozza il collo, non sentono la mente che è invasa da mille pensieri, non sentono quelle emozioni di paura, sconforto, tristezza, disperazione.

I farmaci? Sono un cerotto per le ferite ma se non disinfetti la ferita prima di mettere un cerotto come fai a cicatrizzarla.  

Per questo tocca a noi l’ingrato compito, dobbiamo “allenarci” e “allearci” con i nostri medici, insieme possiamo scoprire le ragioni dei nostri disagi e delle nostre sofferenze, affinché essi possano finalmente fare una diagnosi che non è solo basata sul manuale Dsm ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder ) ma su ognuno di noi, una diagnosi soggettiva, interiore, che parte dalla conoscenza dell’altro, dove ogni paziente è diverso, unico e importante. 

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